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Posso mangiare le uova se ho il colesterolo alto?

Le uova, non sono semplicemente un serbatoio di colesterolo (circa 200 mg a tuorlo) ma anche una fonte di nutrienti preziosi (proteine altamente assimilabili contenute nell’albume, grassi mono e polinsaturi contenuti nel tuorlo, vitamine, sali minerale e antiossidanti) e andrebbero consumate biologiche, cioè deposte da galline nutrite con cibi biologici che hanno potuto razzolare liberamente, mangiando erba, piante spontanee ma anche insetti e lombrichi.

Per capire che possiamo consumare le uova in tranquillità, dobbiamo prima fare chiarezza sull’argomento colesterolo:

Le primissime raccomandazioni dietetiche presumevano che aumentando l’assunzione di colesterolo con la dieta, avrebbe portato ad un aumento del colesterolo nel sangue, favorendo così la formazione di placche aterosclerotiche (una delle cause principali di infarti e ictus).

Tuttavia, questa è una semplificazione eccessiva, poiché la risposta sierica del colesterolo al colesterolo alimentare, è molto più complicata:

  • Gli esseri umani possono produrre colesterolo a livello endogeno, attraverso biosintesi (autoproduzione di colesterolo) che tra l’altro, rappresenta la maggior parte del colesterolo presente nel nostro corpo (circa l’80%). Il colesterolo infatti è un componente importantissimo, con funzione strutturale e funzionale, costituente delle membrane cellulari e precursore di acidi biliari e ormoni, come ad esempio gli ormoni sessuali.

Per capire meglio: un adulto medio di 70 kg sintetizza circa 850 mg di colesterolo/giorno. Se questo individuo dovesse consumare 400 mg/die di colesterolo alimentare (per esempio mangiando 2 uova), ne assorbirebbe circa il 60%; quindi, solo il 22% del colesterolo gestito nel corpo proverrebbe dalla dieta (240 mg dalla dieta su un totale di 1090 mg); inoltre, questi numeri e percentuali, sono ancora più inclinati verso la biosintesi del colesterolo nel caso di persone in sovrappeso e obese.

  • Studi sull’equilibrio degli steroli hanno dimostrato che in soggetti con una dieta ricca in colesterolo, viene inibita la biosintesi del colesterolo endogeno e aumentata l’escrezione di acidi biliari, attraverso un intricato sistema di autoregolazione, a feedback.

Pertanto, la maggior parte degli individui ha una variazione marginale del colesterolo sierico in risposta al colesterolo alimentare: questi soggetti sono chiamati “compensatori” e hanno solo un lieve aumento del colesterolo sierico quando consumano una grande quantità di colesterolo alimentare. Ciò è dimostrato da un caso piuttosto estremo di un uomo di 88 anni che mangiava in modo compulsivo 20-30 uova al giorno e presentava un colesterolo sierico ai limiti della norma (~ 200 mg / dL). È stato riferito che quest’uomo assorbiva solo una piccola parte (18%) del colesterolo alimentare e che aveva un tasso medio di sintesi di acido biliare doppio, rispetto ai volontari dello studio di controllo

Allora perché alcuni hanno il colesterolo alto?

Considerando che valori elevati di colesterolo totale possono dipendere da terapie farmacologiche, ipotiroidismo, disfunzioni epatiche o renali, diabete o altri stati infiammatori, è anche vero che non tutti reagiscono allo stesso modo all’assunzione di colesterolo nella dieta, poiché la risposta è altamente VARIABILE e dipende da fattori sia genetici che metabolici che influenzano i sistemi di autoregolazione, con conseguente aumento, anche importante, del colesterolo sierico: questi individui sono classificati come “non-compensatori” ed è in questo caso che l’alimentazione e lo stile di vita giocano un ruolo importante!

Quindi, se ho il colesterolo alto devo eliminare le uova?

NO, non serve eliminarle del tutto ma occorre limitarle dalle 4-6 unità a settimana (consigliate dalle linee guida per soggetti compensatori o che non hanno problemi di ipercolesterolemia famigliare o altro) a circa 2-3 unità a settimana, facendo attenzione a quelle “nascoste” e presenti in altre preparazioni come ad esempio la pasta fresca e i prodotti dolciari. Come abbiamo visto infatti anche se siamo soggetti non compensatori, il colesterolo apportato con la dieta è marginale e inoltre, le uova contengono LECITINA una sostanza che favorisce il trasporto del colesterolo dalle arterie al fegato, potenziando di fatto l’azione del colesterolo HDL (quello buono) e proteggendoci dalla formazione di placche aterosclerotiche.

Senza entrare in merito ad aspetti puramente etici, possiamo quindi dire che le uova sono state “riabilitate” in un’alimentazione varia e salutare, ricca soprattutto in prodotti di origine vegetale, fonte di fibre, antiossidanti e grassi buoni.

Infatti, tenendo presente che non è il singolo alimento a compromettere l’effetto dell’alimentazione sul nostro organismo ma la dieta nel suo complesso, in caso di ipercolesterolemia, oltre a far attenzione al consumo di uova, dobbiamo:

  1. Limitare il consumo di acidi grassi saturi e acidi grassi trans, questi ultimi presenti in alcuni prodotti industriali e trasformati, nei latticini e nella carne.

  2. Limitare il consumo di zuccheri, che potenziano l’attività dell’enzima HMG-CoA reduttasi, coinvolto nella produzione di colesterolo (lo stesso enzima inibito da una classe di farmaci chiamati STATINE e comunemente usati in caso di ipercolesterolemia). Per questo motivo, è opportuno limitare fortemente l’utilizzo di farine raffinate (pasta e riso bianco, farine 0 e 00) e zuccheri semplici (saccarosio, fruttosio, miele e melasse)

  3. Svolgere regolare attività fisica, in grado di migliorare non solo il profilo glicemico ma anche quello lipidico ematico.

 

Gli unici a dover evitare l’assunzione di uova sono:

  • I soggetti allergici

  • I soggetti con calcoli alla cistifellea: i grassi presenti nel tuorlo dell’uovo infatti hanno la capacità di stimolare la contrazione di questo organo e quindi provocare una colica.

In conclusione, demonizzare le uova per timore del colesterolo in esse contenuto ha poco senso, soprattutto se poi mangiamo junk food ricchi in grassi saturi, grassi trasformati trans e idrogenati, olio di palma e di cocco, come ad esempio hot dog, hamburger e carne da allevamenti intensivi, wurstel, patatine confezionate, merendine, gelati e dolci industriali…

Ciò che ha senso invece è imparare a mangiare pulito, sano ed equilibrato, scegliendo prodotti di qualità, sempre.

Per approfondimenti:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5946211/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4632449/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/1953841

Le uova sono tutte uguali?

No, la differenza c’è e dipende dal tipo di allevamento e dai mangimi con i quali le galline sono state nutrite.

Per sceglierle, dobbiamo fare attenzione all’etichetta e al codice: la QUALITA’ per la scelta delle uova è fondamentale, meglio sceglierle biologiche, di categoria 0 provenienti da galline libere di razzolare e nutrite con mangimi biologici e di qualità che devono rispettare una legislazione ben precisa (sono vietati additivi per favorire la crescita come ad esempio aminoacidi, mangimi modificati, farine di ossa di pesce, che invece possono essere utilizzati in tutti gli altri tipi di allevamenti a terra o in gabbia).

In alcuni allevamenti biologici, le galline vengono nutrite anche con semi di lino, ricchi in acido linoleico precursore degli acidi grassi omega 3, con proprietà antiinfiammatorie e protettive a livello cardiovascolare. Come risultato, le uova presentano un rapporto omega3-omega6 decisamente migliore, con un contenuto minore in colesterolo. Inoltre, un altro indice di qualità è il colore del tuorlo: più è di colore giallo-arancio, più la gallina ha consumato erba e vegetali e quindi l’uovo conterrà una maggiore quantità di omega-3.

Evitate di scegliere uova deposte da galline allevate a terra o in gabbia: in questi casi le galline dispongono di pochissimo spazio a disposizione, sono consentiti alimenti modificati e fortificati e cure antibiotiche.

Le uova sono semplicemente un serbatoio di colesterolo?

Ovviamente no. Le uova contengono non solo colesterolo (circa 200 mg a tuorlo) ma anche altri grassi insaturi, acido oleico, vitamine e minerali (vitamina A, acido folico, vitamina B6 e B12, colina, ferro, calcio, fosforo, potassio) proteine di qualità altamente assimilabili e lecitina, una sostanza che favorisce il trasporto del colesterolo dalle arterie al fegato, potenziando di fatto l’azione del colesterolo HDL (quello buono).

Per approfondire l’argomento colesterolo e uova, leggi nel blog “Posso mangiare uova se ho il colesterolo alto?”

L’IMPORTANZA DI MANGIARE FRUTTA E VERDURA DI STAGIONE

 

Entrando al supermercato veniamo inondati da una varietà di prodotti che spesso disorienta…e questo vale anche per il reparto ortofrutticolo, dove spesso il cambio di stagione non si percepisce più di tanto e possiamo trovare le zucchine a dicembre e le arance a luglio!

Tuttavia, nonostante tutta questa scelta, dobbiamo prendere consapevolezza del cibo che mettiamo nel carrello: ringrazierà il gusto, la salute e anche il portafoglio 😉

Perché è vantaggioso mangiare prodotti di stagione?

1. Sono più buoni

Scegliendo verdure e frutti freschi raccolti secondo la loro naturale maturazione, porteremo nelle nostre tavole un gusto e sapori unici, autentici! I prodotti fuori stagione hanno infatti perso l’intensità del loro sapore, perché sono cresciuti in serra e sono stati conservati in celle frigorifero fino al momento dell’immissione sul mercato e/o perché hanno viaggiato a lungo su camion, treni o aerei.

2. Sono più salutari

Frutta e verdura di stagione non hanno bisogno di particolari accorgimenti per crescere: utilizzano la luce del sole e un minor quantitativo di prodotti chimici, soprattutto se scegliamo prodotti biologici. Al contrario, i prodotti fuori stagione, coltivati in serra, hanno bisogno di un quantitativo di pesticidi maggiore per la protezione dai parassiti e il lungo viaggio che spesso fanno, soprattutto se provenienti da altri paesi, li priva delle qualità nutritive e vitaminiche di un prodotto fresco consumato vicino al momento della raccolta.

In aggiunta, cambiare i cibi in tavola secondo le stagioni vuol dire diversificare in automatico l’apporto di vitamine, sali minerali e altri nutrienti di cui il nostro organismo ha bisogno. Un esempio: gli agrumi e i broccoli sono tipici della stagione invernale e guarda caso, sono ricchi di vitamina C che aiuta l’attività del nostro sistema immunitario per combattere i malanni di stagione!

3. Sono più economici

Questo è un aspetto assolutamente da non sottovalutare per il nostro portafogli: gli ortaggi di stagione hanno costi di produzione più bassi, in quanto non hanno bisogno di crescere in serra e richiedono un minor quantitativo di pesticidi. Inoltre, se scegliamo prodotti a “km zero”, coltivati cioè il più vicino possibile al nostro luogo di residenza, il risparmio sarà ancora maggiore poiché abbatteremo anche i costi di trasporto.

4. Sono più ecosostenibili

La produzione di ortaggi fuori stagione significa un impatto ambientale maggiore: l’energia per l’illuminazione e il mantenimento delle temperature nelle serre e nelle celle frigorifero provengono spesso dai combustibili fossili e inoltre, il maggior quantitativo di pesticidi utilizzato contribuisce ad un maggior inquinamento ambientale. Se a tutto questo aggiungiamo l’inquinamento derivante dal trasporto dei prodotti da una parte all’altra del globo (via aereo, nave o camion), l’impatto ambientale è ancora maggiore.

Come possiamo fare?

Al supermercato, dobbiamo sicuramente leggere sempre le etichette per essere consapevoli da dove proviene il cibo che acquistiamo, cercando di comprare prodotti del nostro territorio e preferibilmente biologici. Inoltre, potremmo acquistare prodotti a “km zero” presso aziende agricole locali, al mercato ortofrutticolo di zona oppure presso gli agricoltori della Coldiretti che spesso organizzano mercati dove vengono venduti prodotti di propria coltivazione e quindi locale.

Questo schema può esserci d’aiuto per la scelta dei prodotti di stagione:

 

DIETA MEDITERRANEA: LA PREVENZIONE A TAVOLA

 

Oggi parliamo della dieta mediterranea, uno dei modelli alimentari più apprezzati al mondo, simbolo di una cucina semplice, gustosa e ovviamente salutare! Sinonimo di una sana e corretta alimentazione, rappresenta non solo il primo momento di prevenzione ma anche una possibilità reale di migliorare lo stato di salute.

 

Cosa hanno svelato le prime ricerche?

 

Negli anni ‘50 del secolo scorso, Ancel Keys, un fisiologo americano, notò che le popolazioni del bacino del mediterraneo erano più longeve, avevano valori di colesterolo ematico più basso ed erano meno suscettibili alle malattie cardiovascolari rispetto agli statunitensi. Da questa osservazione scaturì lo studio epidemiologico denominato “Seven Countries Study”, che coinvolse ben sette paesi (Stati Uniti, Olanda, Grecia, Finlandia, Giappone, Italia ed ex Jugoslavia) dove furono confrontate le abitudini alimentari di circa 12.000 persone, di età compresa tra i 40 ed i 60 anni.

I risultati di tale studio dimostrarono chiaramente che la mortalità per malattie cardiovascolari era inferiore nelle popolazioni che vivevano nel bacino del mediterraneo rispetto agli abitanti di paesi quali gli Stati Uniti, dove il consumo di grassi di origine animale come burro, strutto e carne rossa era più elevato.

 

La conclusione di questa ricerca portò Ancel Keys a definire la dieta mediterranea come lo stile di vita migliore per vivere meglio e più a lungo. È stato insignito nel 2004 della Medaglia al merito alla salute pubblica dello Stato Italiano e nel 2010 l’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) ha proclamato la dieta mediterranea Patrimonio Immateriale Culturale dell’Umanità.

 

Cosa si intende per Dieta Mediterranea?

 

La Dieta Mediterranea rappresenta l’insieme delle abitudini e tradizioni dei popoli del bacino del mediterraneo (Italia, Grecia, Spagna, Marocco), che includono il rispetto per la biodiversità del territorio, per la provenienza e origine degli alimenti, per la stagionalità di frutta e verdura e per la conservazione, trasformazione, preparazione e consumo del cibo. Il tutto, senza dimenticare ovviamente la convivialità a tavola.

Come possiamo vedere dalla Piramide Alimentare, i protagonisti indiscussi della dieta mediterranea sono:

 

  • Olio extra vergine d’oliva
  • Cereali e derivati
  • Verdure e ortaggi
  • Frutta fresca
  • Frutta a guscio
  • Legumi

 

Questi alimenti donano alla Dieta Mediterranea caratteristiche fondamentali, quali:

 

  • Basso contenuto di acidi grassi saturi e colesterolo
  • Ricchezza di carboidrati e fibra
  • Alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi (derivati principalmente dall’olio d’oliva).

 

I cereali e loro derivati sono consumati giornalmente, insieme alla verdura (3 porzioni), frutta (2-3 porzioni) e ovviamente l’olio extra vergine d’oliva (3-4 porzioni). Sempre ogni giorno, c’è il consumo di latte e yogurt (1-2 porzioni) preferibilmente magri. Gli alimenti consumati settimanalmente sono quelli di origine animale, come per esempio il pesce (2-4 porzioni), le carni bianche (1-2 porzioni), le uova (2-4 porzioni), i formaggi (soprattutto quelli freschi, 1-2 porzioni). Molto importanti sono poi i legumi, alimento base della dieta mediterranea, ottima fonte di proteine vegetali assunti almeno 2-3 volte a settimana. Decisamente con più parsimonia, c’è il consumo di carni rosse (massimo 1 volta la settimana), dolci, salse, insaccati e bevande zuccherate.

Il consumo di vino rosso è quotidiano ma le quantità sono moderate (un bicchiere per le donne, due per gli uomini).

Importantissimo è l’utilizzo delle spezie, erbe aromatiche e odori: danno gusto, aiutando a limitare l’uso del sale e apportano micronutrienti importanti e utili alla salute.

 

 

 

Quali sono le porzioni?

 

Nella dieta mediterranea l’aspetto calorico gioca un ruolo secondario, mentre cosa molto più importante è la corretta scelta degli alimenti, consumati nel giusto equilibrio e rispettando le seguenti proporzioni:

 

  • 55-60% dell’energia dai carboidrati, di cui l’80% complessi e il 20% in zuccheri semplici
  • 12-15% dalle proteine
  • 25-30% dai grassi

 

Perché il consumo di questi alimenti fa bene alla salute?

 

La maggior parte degli alimenti tipici della dieta mediterranea sono ricche fonti di composti bioattivi, con attività biologiche positive per il nostro organismo; basti pensare ai polifenoli e fitosteroli contenuti nell’olio di oliva, alle vitamine (A, D, E, K, ecc.) e ai minerali (ferro, zinco, magnesio, selenio, potassio, ecc.) contenuti in frutta, verdura, cereali e legumi e agli omega-3 contenuti in pesce e frutta secca.

 

Dopo gli studi di Ancel Keys, seguirono molti altri studi e negli ultimi anni, alcuni lavori di recensione e di metanalisi, pubblicati su riviste prestigiose, hanno confermato la solidità scientifica della dieta mediterranea quale stile alimentare per la prevenzione delle malattie metaboliche (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, diabete, sensibilità all’insulina, infiammazione, stress ossidativo), delle malattie cardiovascolari (aterosclerosi, ipertensione, infarto del miocardio e ictus), delle malattie neurodegenerative (Alzheimer e Parkinson) e dei tumori.

 

In un recentissimo lavoro del 2019, in cui sono stati revisionati diversi studi condotti in Spagna, Cile e Nuova Zelanda, si evidenzia come la dieta mediterranea abbia effetti benefici anche nella protezione contro la suscettibilità al danno del DNA, la cui integrità e stabilità sono essenziali alla vita e per il mantenimento delle normali funzioni cellulari. Un danno a carico del DNA, se non riparato correttamente, può aumentare il rischio di mutagenesi e portare all’insorgenza o allo sviluppo di numerose malattie degenerative tra cui le malattie cardiovascolari, il diabete mellito, il Morbo di Alzheimer e il cancro. Lo stress ossidativo cronico è stato anche segnalato come meccanismo critico coinvolto nella riduzione dei telomeri (lunghi tratti di DNA con sequenze specifiche ripetute, situate alla fine dei cromosomi), coinvolti nella protezione della stabilità cromosomica e riconosciuti come potenziali biomarker dell’invecchiamento.

 

 

 

 

Bibliografia

 

  • Bonaccio M et al. Mediterranean diet and mortality in the elderly: A prospective cohort study and a meta-analysis. Br. J. Nutr. 2018, 120, 841–854
  • Del Bo C. et al. Overview of Human Intervention Studies Evaluating the Impact of the Mediterranean Diet on Markers of DNA Damage. Nutrients. 2019 Feb 13;11(2).
  • Dinu M. et al. Mediterranean diet and multiple health outcomes: An umbrella review of meta-analyses of observational studies and randomised trials. Eur. J. Clin. Nutr. 2018, 72, 30–43.
  • Koloverou E. et al. ATTICA Study Group. Adherence to Mediterranean diet and 10-year incidence (2002-2012) of diabetes: Correlations with inflammatory and oxidative stress biomarkers in the ATTICA cohort study. Diabetes Metab. Res. Rev. 2016, 32, 73–81.
  • Pecoraro P. e Zocchi G. Vademecum del Biologo Nutrizionista, 2013